Parola all’arte: la bellezza negli occhi di chi guarda

La bellezza negli occhi di chi guarda

Il talk dedicato all’arte e alla sostenibilità con gli interventi di: Andrea Cavallari – artista in mostra, Nancy Burson – artista in mostra, Sergio Risaliti – direttore del Museo Novecento Firenze.

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Inserito nell’ambito di God is Green e correlato alla mostra Art On Earth, il talk si è fatto palcoscenico di stimoli ed esperienze, tra bellezza, genetica e musica. Un’opportunità anche per gli artisti del nuovo ciclo di Residenze d’Artista, La meraviglia, di presentare i loro poster d’autore, creati appositamente per l’evento.

La bellezza negli occhi di chi guarda è una frase di W. Shakespeare che fa da contraltare a Sant’Agostino, secondo il quale il difetto non è nella cosa guardata, ma negli occhi di chi guarda. È fondamentale partire da questo cambio di prospettiva per avere uno sguardo nuovo sul mondo e agire affinché qualcosa cambi.

In che modo l’arte può intervenire in questo cambiamento?

Interviene Nancy Burson

Credo che il punto di partenza primario sia riconducibile all’individuo, quindi a una profonda accettazione del proprio essere. Per 7 anni ho documentato la deformità, fotografando persone che hanno subito mutilazioni e deformazioni dovute al cancro. Loro sono i maestri dell’arte dell’auto accettazione. Il cervello umano è abituato a formare un’idea della persona sulla base della fisiognomica che vede nel tempo di 2 o 3 secondi. Questa è una tecnica che hanno sviluppato i carnivori per stabilire in frazioni di secondo se l‘animale che avevano davanti era una preda o un nemico. L’uomo è ancora influenzato da questo meccanismo, necessario in termini evoluzionistici ma piuttosto complesso, visto che siamo usciti dalla catena alimentare, non siamo né prede né predatori. Da questa esperienza ne sono uscita arricchita. Quando ho salutato queste persone per la prima volta, le ho riguardate: l’immagine che avevo di loro era completamente cambiata. Questo voglio condividere con voi: è molto facile cambiare l’immagine che creiamo rispetto a un’altra persona, basta prendersi un attimo di tempo.

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Laddove la dinamica di accettazione dell’altro incontra resistenze, che ruolo ha l’arte nel loro superamento?

Interviene Sergio Risaliti

Tempo fa ho curato una mostra sui rapporti tra arte e scienza. Allora avevo letto un libro di Franco Prattico, Eva Nera, che fondamentalmente dice che il razzismo è un luogo comune falso. Se risaliamo tutti alla nostra madre progenitrice ci rendiamo conto che nel corso dei millenni noi siamo solo il risultato di combinazioni, contaminazioni tra uomini di razze diverse. Non discendiamo in linea diretta dalla nostra razza, ma siamo il risultato di una mescolanza continua in senso rizomatico.

Gli scienziati hanno capito attraverso l’analisi del genoma, che molti dejà vu probabilmente sono la memoria del nostro DNA, di passaggi che possiamo ricostruire oggi delle vite discendenti. L’essere umano ha la possibilità di vivere tante esperienze cognitive ed emozionali che restano impresse nel DNA. Il dolore è una delle esperienze più importanti per noi per l’acquisizione della coscienza dell’essere al mondo.

L’altra esperienza, di pari grado, è la meraviglia. Ne Le metamorfosi di Ovidio, Prometeo si fa forgiatore dell’essere umano. Come dio, crea quest’uomo, che si erge nel momento in cui alza la testa e si meraviglia del cielo stellato. La verticalità dell’essere umano avviene in questo momento di meraviglia, concetto ripreso da Kant che dice “il cielo stellato sopra di me, l’imperativo morale dentro di me”.

Qual è quindi l’anello di congiunzione tra bellezza ed essere umano?

Interviene Andrea Cavallari

Tutti i trattati antichi della genesi dell’uomo parlano di un suono creatore. In principium verbum erat: quel “verbum “è una vibrazione acustica, il suono che Mario Schneider riesce a identificare in un re bemolle basso, scaturito dall’uovo cosmico che si rompe, dal quale esce un suono purissimo che nel tempo si condensa, diventa luce e poi materia. Le genesi più arcaiche nascono in india, che forse ha la massima ricchezza di varianti acustiche tradotte in musica. Il popolo greco – che come dice Umberto Galimberti è il più intelligente che abbia vissuto il pianeta – traduce questi suoni in termini matematici. Per i platonici il cosmo, l’armonia delle sfere, non può che essere la rappresentazione matematica del tutto. Pitagora recupera i primi quattro numeri interi la cui somma fa dieci e crea il modello perfetto di suono. Gli altri suoni fanno parte dell’ambito del dionisiaco, ma la bellezza sonora è tradotta in termini prettamente matematici. Da qui passano 2500 anni per arrivare a Brahms e Beethoven.

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Si può creare un parallelo con il mondo visivo, riscontrando una storia simile per la bellezza nell’arte?

Interviene Sergio Risaliti

Giorgio Vasari scrive che l’architettura di Brunelleschi è sonora. Se avessimo gli strumenti per catturare la sonorità di Santo Spirito, costruendo la melodia su proporzioni matematiche in collegamento con le armonie celesti secondo Vitruvio, quindi secondo Pitagora, viene fuori una bellissima compilation. C’è un rapporto intimo e interconnesso tra arte e musica, un’armonia, che non a caso sarà il titolo della terza edizione di Residenze d’Artista di Manifattura Tabacchi.