If I woke up one day / Alessandro Cicoria

IF I WOKE UP ONE DAY

 

Elaborazioni spaziali da un altro mondo.

Cosa succederebbe se il mondo un giorno si svegliasse in un luogo diverso da quello abituale?

If I woke up one day è uno spazio di fantasia, all’interno del programma Living Room, nel quale il tempo, lo spazio, le relazioni umane, la natura hanno mutato forma e il virtuale è diventato reale.

Un artista alla settimana immagina cosa accade oltre la parete, sperimentando liberamente lo spazio e come questo si rapporta al limite in un universo distopico.

LIVING ROOM

Alessandro Cicoria

Alessandro Cicoria, Calling En Plein Air

Hi8 colore 9ʼ26ʼʼ, 2018

 

Studioli TV nasce dalla volontà di fissare alcuni pensieri attorno allʼimmaginario di Studioli.
I video sono girati con una camere Sony Hi8, la voce narrante è spesso un dialogo al telefono con gli artisti stessi o persone che hanno una relazione con ciò che vediamo.

 

Calling En Plein Air, è il primo video della trilogia STUDIOLI TV 2018-20. Questo primo episodio è una rilettura della mostra En Plein Air inaugurata a STUDIOLI nel Maggio 2018, dove gli artisti (Kerstin Brätsch, Enzo Cucchi, Stanislao Di Giugno, Marino Melarangelo, Rochelle Feinstein, Gianni Politi, Max Renkel, Patricia Treib, Paulina Semkowicz & Myles Starr) sono coinvolti in un contest di pittura plein air negli spazi di Studioli e nel quartiere di Ponte Milvio. Le scenografie di En Plein Air sono gli interni di Studioli: le stanze/garçonniere, il terrazzo, il boschetto, il paesaggio di Tor di Quinto, la vista sul fiume Tevere e la natura che circonda la zona, pensando ai Bamboccianti che nel ʻ600 dipingevano allʼaperto le scene di vita di strada, rappresentando i paesaggi arcadici e la vita quotidiana dei bassifondi della città.

Guarda il video

Conversation Pieces

Alessandro Cicoria & Lorenzo Gigotti

 

User#9930y4y814: 

Pochi giorni fa c’è stato l’ultimo attacco al Metaverso. Molti considereranno la mia scelta curiosa, se non irresponsabile, ma ora che sono di nuovo circondato da esseri umani in carne ed ossa, ho avuto il desiderio incontrollato di guardare indietro tra i miei ricordi esclusivamente umani. 

E ora che mi ritrovo qui a pensare a quali domande farti, mi torna in mente Studioli TV. Mi vuoi raccontare di quell’esperimento e di Studioli?

 

User#7720k3c190:

Dopo il collasso della Noosfera, anch’io, come tutti gli altri, ho abbandonato il vecchio stato di coscienza e mi sono allontanato dalla vita materiale, se ci ripenso fu traumatico ma liberatorio.

Per molti umani Studioli era come una macchina del tempo. Potevi andare nel passato più antico o nel futuro lontano, stando sdraiato su una moquette del 1970.

Gli artisti arrivavano da tutto il mondo per portare nuove idee e noi ci davamo da fare tantissimo per tradurre i pensieri e le sensazioni in un linguaggio accessibile a tutti.

Studioli era come un set all’interno del quale modellavamo una sceneggiatura per comunicare con gli altri esseri umani.

Studioli TV era invece un’elaborazione di dati video che facevo con grande spontaneità. Ci fu una prima serie, una trilogia che raccoglieva immagini in movimento narrate da colloqui telefonici. Nel video Calling En Plein Air usavo già i primi slittamenti temporali. Riguardandolo oggi è bizzarro ma aveva qualcosa di pionieristico.

Nasceva da una riflessione sulle immagini girate inizialmente come pura documentazione. Con quelle re-immaginavo le mostre di Studioli come fatti accaduti in un arco temporale di trent’anni precedente. Gli stessi protagonisti delle mostre venivano chiamati a ricordare quell’evento a distanza di anni. Anche il presente delle telefonate era proiettato in un altro tempo dove il pianeta terra non era più abitato. Lo stesso tempo della nostra intervista.

Studioli TV fu un primo tentativo di comunicare agli esseri umani di allora quanto fossimo vicini al grande cambiamento. 

In quegli anni avevamo uno strano meccanismo del pensiero, i ricordi. I ricordi erano potentissimi, spesso erano più profondi della realtà vissuta. Tutti i dati che rappresentavano immagini del passato, sia fisse che in movimento, venivano letti e interpretati con grande trasporto, nostalgia, un altro fattore che poi è stato deleterio per l’umanità.

Calling En Plein Air, Hi8 colour 9’26’’, 2018 (still)

 

User#9930y4y814: 

Ti ho sempre visto come un costruttore di scatole cinesi. Entrare nel tuo lavoro era come essere all’interno di un gioco fatto di stanze piene di oggetti che aprivano su altre stanze ancora, e così via. Era ironico allora e lo è ancora di più adesso. Da dove credi venisse quella disposizione? 

 

User#7720k3c190:

Venivo fuori dai primi esperimenti di realtà accelerata e avevo sempre voglia di condividere le mie scoperte. 

Sai quante persone trascinavo nei posti che mi sembravano eccitanti, cercando di mostrare delle cose che poi risultavano spesso invisibili all’occhio umano. All’epoca nell’arte era davvero difficile tradurre un pensiero, dovevi stare nella retorica del linguaggio, della riconoscibilità, della ripetizione, eravamo molto più semplici, c’erano artisti che hanno ripetuto per tutta la vita lo stesso modello. Si diceva che un’opera era buona quando riusciva a rigenerare il suo valore nel momento in cui la vivevi. 

È vero che il lavoro di quegli anni va contestualizzato sulla base delle capacità psichiche del tempo, ma a rivederlo oggi riconosco le attitudini con cui mi muovevo allora.

STUDIOLI

 

User#9930y4y814: 

Vivevi e lavoravi in un quadrante strano di Roma tra la Flaminia, Tor di Quinto, la Salaria e la Tangenziale Est. Una zona dove convivevano le aspirazioni futili e i comportamenti meccanici della borghesia di allora e un campionario di cose assurde e personaggi ballardiani che raccontavano un mondo vicino al collasso e prossimo alla “mutazione”. Ti va di ricordare il tuo incontro con quel luogo e, se puoi, qualcuno o qualche luogo o episodio in particolare? 

 

User#7720k3c190:

A Roma Nord mi ci sono praticamente ritrovato, un po’ come quando facevamo i primi allunaggi, che non sapevi mai dove ti facevano atterrare esattamente. Poi un po’ alla volta si è rivelato un territorio ricco di sorprese, immerso nel verde della fertilità del Tevere.

Ero attratto dai rituali e abitudini di un quartiere autentico, tribale, un clan isolato dal resto del mondo, una tribù indigena nordista dell’amazzonia teverina. 

Ci sono tornato recentemente e non c’era più nulla, tutto raso al suolo. A Roma era rimasto solo un pastore con le sue pecore nel vecchio Tridente tra Campo Marzio e il Pincio. Viveva in una roulotte e stava riscrivendo la storia dell’uomo utilizzando il linguaggio di Finnegans Wake. In realtà quel libro glielo feci trovare io sotto ad un albero con un pacchetto di Winston rosse che a lui piacevano tanto. Era il primo libro che lessi sulla terra e l’unico che portai con me quando andai via.

Arcadia Nord, video in progress, 2020 (still)

 

User#9930y4y814: 

In questo viaggio all’indietro, accosto diversi tuoi lavori alla “fotografia” non tanto come mezzo ma come meccanismo di creazione. Nonostante le tue opere avessero sempre contorni astratti o sfumati, venivano sempre generati dalla realtà impressa sulle superfici. Che rapporto avevi con la fotografia e che uso facevi della “realtà” di allora?  

 

User#7720k3c190:

Avevo un’attività creativa frenetica e amavo la pittura, ma non avevo tempo di dipingere. Oggi che siamo immortali, sono finalmente libero da quella frenesia e sto realizzando un ampio ciclo pittorico che faccio come puro passatempo.

Il processo fotografico era un mezzo che mi permetteva di immagazzinare in maniera veloce più elementi possibili. Era un modo per trascinarmi dietro la realtà e portarmela in giro. Anche quando disegnavo o producevo oggetti o video, il concetto era lo stesso: attingere da un’esperienza reale e sintetizzare un’intuizione. Da quell’estratto poi lavoravo su una nuova narrazione.

Nel lavoro Volume ad esempio trovi un’incisione solare fatta su un grande nastro fotosensibile e arrotolabile. Impressionai una serie di oggetti di Studioli, immagini riflesse viste con la coda dell’occhio. Portai il rotolo a Londra e lo mostrai in galleria, fu uno dei primi trasferimenti del pensiero. Era anche una scultura che si posizionava e incorniciava uno spazio. Sai c’era ancora il discorso della forma che oggi sembra anacronistico ma ci eravamo tutti molto legati.

Volume, 2020, daylight film, impressione degli oggetti di STUDIOLI

Aerofonista, 2018, cartolina, NEW LOW/OPAF 2019, Los Angeles

 

User#9930y4y814: 

Hai citato un tuo vecchio progetto intitolato “En Plein Air” ispirato ai Bamboccianti, un movimento di pittori attivi nel XVII secolo che ritraeva in modo realistico la vita ai margini della società. Durante una nostra conversazione ti definisti un “paesaggista”. Cosa voleva dire per te?

 

User#7720k3c190:

Vivendo in quel quartiere, nell’arcadia di Ponte Milvio, era impossibile prescindere dall’inganno del bel paesaggio, della natura meravigliosa. 

Ci fu un artista di un’era precedente che riuscì a schematizzare i codici della natura per poi riprodurli su grandi muri come paesaggi artificiali, anche lui era un paesaggista, lavorava nella campagna Umbra.

Il paesaggio è quello che vedi davanti a te e che si estende all’infinito. Poi abbassi lo sguardo, c’è un buco nell’asfalto, ci metti la testa dentro e ti accosti a quel vuoto nero e scopri che è autonomo ed ha una luce e una qualità e se guardi bene c’è un ambiente, un panorama anche lì. Sta poi a te, da paesaggista, inquadrare l’elemento essenziale che si avvicina alla tua idea di scoperta. 

L’intervista è stata realizzata sotto pseudonimo da Alessandro Cicoria e Lorenzo Gigotti durante il periodo di lockdown avvenuto in Italia nel 2020 a causa della pandemia per coronavirus SARS-CoV-2.

Alessandro Cicoria

(Giulianova, 1980)

Il suo lavoro è un continuo atto processuale con il fine di formalizzare un atto casuale. La maggior parte dei lavori provengono da uno studio archivistico, proposto come sintesi di una lunga narrazione. Ha esposto in gallerie e istituzioni italiane ed estere. Ha fondato a Roma il progetto STUDIOLI.Vive e lavora a Roma.

 

Tra le mostre principali a cui ha partecipato: Blow-up: Experiments in Photography, Laure Genillard Gallery, London. OLIMPICA , Madonna del Pozzo, Spoleto. CRETA SOUND SYSTEM, New Low, Los Angeles. CALLING EN PLEIN AIR , Jack Barret Gallery, New York.  ARCHEOLOGI, Villa Lontana, Roma. CICORIA, Vin Vin Gallery, Vienna. CINQUE MOSTRE – THE TESSERACT, American Academy, Roma. INSCAPE ROOMS/LA VITA DELLA MENTE, Istituto Svizzero, Roma. THERE IS NO PLACE LIKE HOME, Ponte Marconi, Roma. MUSEO DEL GENIO, Istituto Storico di Cultura dellʼArma del Genio, Roma. REVERSE/INEQUALITY, Patrick Ebensperger Gallery, Berlino. LA SCRITTURA DEGLI ECHI, Museo MAXXI, Roma. THERE IS NO PLACE LIKE HOME, Aurelia Antica, Roma. INVENTARIO, York Hotel, Roma.

Alessandro Cicoria su Instagram

Studioli

Studioli è uno spazio immaginario aperto a Roma nel 2015 all’interno di un complesso di garçonnières anni ’70 vicino al fiume Tevere. Gli artisti sono invitati a lavorare e reinterpretare lo spazio arredato da specchi fumè, moquettes colorate, boiseries e mobili di Magistretti.
studioli.org

 

Lorenzo Gigotti

(Roma, 1979)

Lorenzo Gigotti è Head of Content e co-founder di NERO, casa editrice specializzata in arte contemporanea, teoria e cultura contemporanea.

È co-fondatore e parte del direttivo editoriale della collana di libri e dell’omonima rivista online Not – Nero On Theory.

Per NERO ha anche curato e coordinato eventi culturali e progetti espositivi per istituzioni pubbliche e private.

NERO