Workshop con Mario Airò

Il tempo degli stregoni

Ph. Alessandro Fibbi

È proprio da un testo che prende spunto il workshop dedicato ai giovani artisti in residenza: Airò propone la lettura del saggio Il tempo degli stregoni del filosofo Wolfram Eilenberger. Il libro narra in parallelo le vicende biografiche dei filosofi Ludwig Wittgenstein, Walter Benjamin, Martin Heidegger e Ernst Cassirer, durante gli anni della Repubblica di Weimar. L’autore mette in luce nelle riflessioni dei quattro pensatori il tentativo creativo di superamento dei codici della filosofia accademica dell’Ottocento, al fine di arrivare a una rigenerazione del pensiero filosofico. Come degli “stregoni” tali filosofi cercano di attingere ad una radice ancestrale spingendosi, con un fare quasi taumaturgico, ad affrontare l’ignoto e ad affacciarsi sull’oltre.

Su questi temi verte il dialogo tra Airò e i giovani artisti nella loro prima settimana insieme.

La serie dei workshop per gli artisti in residenza si è aperta martedì 18 settembre 2018 con l’arrivo alla Manifattura Tabacchi di Mario Airò, artista originario di Pavia e formatosi all’Accademia di Brera, legato alla città di Firenze dall’appartenenza al collettivo di Base/Progetti per l’arte. La sua ricerca artistica si distingue per la capacità di connotare gli spazi e trasformarli in ambienti suggestivi, spesso carichi di riferimenti culturali provenienti dalla storia dell’arte, dalla mitologia, dalla filosofia, dal cinema e dalla letteratura.

BIO

Con un approccio più teorico che pratico, Airò trasmette loro la sua visione del fare artistico più autentico: «ogni nuova opera – spiega – dovrebbe essere nell’oltre o carpita all’oltre».

Come coinvolti in un moderno circolo maieutico i ragazzi chiedono quindi di poter girare all’interno dei luoghi della Manifattura per provare ad immaginare delle opere da realizzare in situ. Si fa strada poi la necessità di realizzare un’unica opera-totem. Dopo un lungo scambio di idee, il primo tra di loro, prende forma il progetto di un “pilastro abusivo” collocato in posizione “scomoda” e “stonata” rispetto all’architettura del luogo, in quanto rompe il ritmo dettato dai pilastri veri e propri.

Nell’opera convergono molteplici rimandi simbolici, dalla verticalità di caduta dei corpi descritta dal clinamen epicureo, fino ai più recenti cambiamenti o “spostamenti” dell’arte degli anni ’70. In particolare il riferimento è a quelle pratiche artistiche che proposero un’esperienza diretta e collettiva dell’opera e che trovarono il loro palcoscenico nella mostra curata da Harald Szeemann nel 1969 alla Kunsthalle di Berna. When Attitudes Becomes Form è riletta in controluce alla Manifattura Tabacchi dall’opera-pilastro che i giovani artisti hanno voluto intitolare When Heroic Becomes Erotic.

Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Matteo Coluccia, Stefano Giuri, Lori Lako, Gioele Pomante,Tatiana Stropkaiová

When Heroic Becomes Erotic

2018

Lastre di cartongesso, profilati in lamierino, vernice ad acqua per interni.

 

Il pilastro riprodotto, parte integrante della verticalità dello spazio, rompe il ritmo architettonico pur mantenendo un dialogo formale con gli altri pilastri. La sua forma fallica si dissolve grazie alla ripetizione. Un invito aperto, non tanto a riflettere, quanto più al guardare.

«A questo proposito voglio che tu sappia anche che, quando i corpi cadono dritti attraverso il vuoto per il loro peso, in qualche tempo e luogo non definiti deviano per un poco, tanto che appena può dirsi modificato il loro percorso».

De rerum natura, Lucrezio

 

Ph. OKNO Studio