Tomaso Montanari

presenta

Perdersi in Toscana

Mercoledì 8 luglio, 18:00

Ingresso gratuito 

I posti a sedere nell’area palco sono SOLD OUT ma la presentazione sarà anche in filodiffusione nel Giardino della Ciminiera di Manifattura e in diretta streaming sulla Pagina Facebook di Manifattura Tabacchi e sul sito web di Radio Papesse.

Tomaso Montanari presenta il suo nuovo libro “Perdersi in Toscana“, edito da Maschietto Editore Firenze. Un percorso tra luoghi, opere e persone lontano dalla Toscana del turismo di massa per ritrovare la misura umana.

«Abbiamo bisogno di un Rinascimento fatto di amore per il pianeta, di sostenibilità, di ricerca, di lavoro non precario e sicuro, di cura per i più vecchi, fragili, poveri. Se, come credo, abbiamo bisogno di ritrovare questa misura umana, perdersi in Toscana può essere un felicissimo inizio.»

 

L’accesso è contingentato in osservanza delle misure adottate dal Governo italiano in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

«Questa è la terra dove ci par che anche le cose abbiano acquistato per lunga civiltà il dono della semplicità e della misura: i composti panorami che, senza sbalzi di dirupi e asperità di rocce riescono di collina in collina a non ripetersi mai». Perdersi in Toscana significa ritrovarsi. Ritrovare la misura della dignità, quella misura che lega – finiva così Piero Calamandrei, nel 1941, il suo Inventario della casa di campagna da cui sono tratte le parole ispiratissime che seguono – «i nostri lutti, il nostro amore, il passato e l’avvenire, le nostre speranza, la nostra libertà: Toscana dolce patria nostra».

Ho dunque pensato di riunire in questo libro i testi sparsi che, negli ultimi anni di scrittura su vari giornali, ho dedicato, quasi senza accorgermene, alla mia città e alla mia regione. Quelli, intendo, non legati alle tante battaglie che è necessario combattere perché questa città e questa regione non siano del tutto sottoposte alla dittatura del denaro e del mercato, e non perdano dunque del tutto quei connotati di umanità che ci portano ancora sulle loro strade.

Sono testi non concepiti in modo sistematico, ma dettati dal caso degli incontri, dal ritmo delle occasioni, dall’intrecciarsi dei pensieri e delle idee. E, tuttavia, rileggendoli e rivedendoli schematizzati nelle mappe della Toscana e di Firenze, appare evidente che si tratta di un itinerario: che, come tale, può essere letto, e usato. Certo, non è un itinerario che coincide con quello delle rotte che sono state, e prima o poi torneranno a essere, percorse e devastate dal turismo di massa: qua si incontrano luoghi, opere d’arte, persone che certamente non appaiono nella cartolina della Toscana commerciale.

Sono immagini che suscitano un elementare e istintivo amore per la vita: ho sempre pensato che il paradiso terrestre dovesse essere assai simile alla Toscana. Ma non si tratta di un paradiso in cui fuggire: semmai di un paradiso quotidiano di cui accorgersi, seppur attraverso le nebbie della nostra fatica quotidiana. Se, come credo, abbiamo bisogno di ritrovare questa misura umana, ebbene perdersi in Toscana può essere un felicissimo inizio.

tomaso montanari

Sono nato nel 1971 a Firenze, dove vivo. Studio l’arte dell’età barocca e la storia del patrimonio culturale.

Mi sono formato alla Normale di Pisa, ho insegnato a lungo alla Federico II di Napoli e ora sono professore ordinario di Storia dell’Arte Moderna all’Università per Stranieri di Siena.

Sono convinto che gli storici dell’arte servano a fare entrare le opere d’arte nella vita intellettuale ed emotiva di chi si occupa di tutt’altro.

Penso anche che l’amore per la storia dell’arte non debba essere un fatto privato (o peggio un’evasione, o un modo per non pensare), ma pubblico e ‘politico’. L’articolo 9 della Costituzione ha, infatti, mutato irreversibilmente il ruolo del patrimonio storico e artistico italiano, facendone un segno visibile della sovranità dei cittadini, dell’unità nazionale, e dell’eguaglianza costituzionale, perché ciascuno di noi (povero o ricco, uomo o donna, cattolico o musulmano, colto o incolto) ne è egualmente proprietario.

 

Ma tutto questo è assai difficile da capire, perché oggi la storia dell’arte non è più un sapere critico, ma un’industria dell’intrattenimento ‘culturale’ (e dunque fattore di alienazione, di regressione intellettuale e di programmatico ottundimento del senso critico). Strumentalizzata dal potere politico e religioso, banalizzata dai media e sfruttata dall’università, la storia dell’arte è ormai una escort di lusso della vita culturale.

È per questo che oggi non basta fare ricerca e insegnare, ed è per questo che ho scritto A cosa serve Michelangelo? (Einaudi 2011), La madre dei Caravaggio è sempre incinta (Skira 2012), Le pietre e il popolo (minimum fax 2013), Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà (minimum fax 2014), Privati del patrimonio (Einaudi 2015), e (con Vincenzo Trione), Contro le mostre (Einaudi 2017).

Tra i miei libri di ricerca recenti: La libertà di Bernini (Einaudi 2016) e Costituzione italiana. Articolo 9 (Carocci 2018).

Ho ideato e condotto due serie televisive dedicate a Bernini e a Caravaggio per Rai 5 e la serie Favole, forme figure per Loft, la tv del Fatto Quotidiano.

Scrivo sul Fatto Quotidiano, per il quale ogni lunedì tengo la rubrica Le pietre e il popolo. Ho anche una rubrica sul Venerdì di Repubblica: Ora d’arte.

Ho provato (direi inutilmente) a rimettere in piedi una sinistra in Italia, e sono presidente dell’associazione di cultura politica Libertà e Giustizia. Ho dedicato un piccolo libro all’impegno civile degli intellettuali: Cassandra muta (Gruppo Abele 2017).

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