Workshop con Rebecca Moccia

Workshop con Rebecca Moccia

Blurring visibility

Rebecca Moccia

residenza d'artista l'armonia

«Lavorare su ciò che non si vede ma c’è.. agisce – tenteremo di rendere invisibile il visibile».  Con queste parole Rebecca Moccia entra negli spazi di Manifattura Tabacchi per il terzo workshop delle Residenze d’Artista de L’armonia.
Nella ricerca della visiting artist, i limiti della percezione diventano parte integrante del lavoro. «Il mio regime di visibilità è l’opaco – il non trasparente, la zona oscura, dove le cose si addentrano nell’indistinto, sfumano e perdono i confini»: la citazione di Roberto Lacarbonara, con cui Rebecca Moccia descrive il workshop.

Moccia porta alla visione degli artisti in residenza testi estrapolati da saggi, quali: Memestetica di Valentina Tanni, Iperoggetti di Timothy Morton e Superfici di Giuliana Bruno. Il filo rosso viene tessuto tra i pensieri degli autori; troviamo scritti sulle varie riflessioni nate dal cambiamento dell’immagine, riflessioni che attanagliano la base della ricerca artistica contemporanea.
Partendo dal titolo che l’artista ha dato ai tre giorni di laboratorio – Blurring visibility (visibilità offuscata) – capiamo come il lavoro percettivo diventi un gradiente necessario nell’attivazione dell’oggetto artistico.

Un lavoro non più fatto per rendere visibile un concetto che abita nell’immaginazione, ma il contrario, l’invisibile e l’offuscato diventano dispositivi disturbanti per la percezione del fruitore: solo grazie a questa procedura la verità si sedimenta nella realtà collettiva di cosa è oggi un’immagine.
Moccia spiega di come il mondo del digitale sia diventato un luogo fisico a tutti gli effetti, per usare le parole di Michel Lussault un ‘iperluogo‘. Il Digitale non è più visto, come era in passato, solo un medium, uno strumento in grado di veicolare concetti. In questo spazio «diventato anch’esso fisico» si trova il campo d’azione degli artisti nel contemporaneo, sia con l’opera digitale, che con la documentazione di un lavoro in tre dimensioni, tutti a un certo punto devono varcarne le porte.

Riprendendo il concetto dell’offuscato vediamo come nell’arte si sia utilizzato questo aggettivo come pratica artistica vera e propria. Dalla Glitch Art, dove le immagini nascono da distorsioni casuali createsi da un errore di software, al lavoro di Hito Steyerl, How to not be seen (2013), un video fatto di errori e risoluzione bassa che determinano il concetto di nuova visibilità.

L’artista indaga sulle possibilità nate dal cambiamento dell’immagine, dall’evoluzione della fotografia alla percezione che abbiamo della realtà sotto forma di documentazione fotografica, tutto questo ha involontariamente regalato un nuovo strumento all’arte, uno strumento fatto di errori voluti e di campi ancora inesplorati.