PAYSAGE VIVANT, PAYSAGE VIBRANT

Una rassegna di cinema sperimentale di autori internazionali.

11 gennaio 2020

19:00 

B8 – Manifattura Tabacchi

Manifattura Tabacchi ospita la proiezione di sette cortometraggi di cinema sperimentale, provenienti dall’archivio Light Cone di Parigi e legati da un filo comune che è il racconto del paesaggio

Presenta e introduce Emmanuel Lefrant, Direttore di Light Cone, video artist e autore di alcune delle pellicole in mostra.

Ingresso libero. In caso non fosse possibile accedere alla sala per raggiungimento capienza saranno effettuate altre proiezioni

 

programma della rassegna

Light Cone è un’associazione no profit di Parigi il cui obiettivo è la distribuzione e la salvaguardia del cinema sperimentale, del quale si impegna ad assicurare la promozione in Francia e nel mondo.

La collezione di Light Cone si compone di oltre 5.000 documenti stampati, circa 12.000 documenti audiovisivi e 1080 archivi tematici e viene condivisa con associazioni culturali, cinema, musei, università, gallerie e festival. 

Emmanuel Lefrant (1975), francese, vive e lavora a Parigi dove realizza film, completamente autoprodotti ed esclusivamente in pellicola. I film, astratti o paesaggistici, si impegnano a rappresentare o a svelare un mondo invisibile, una natura che non si vede, attraverso delle forme segrete di emulsione.

Oltre all’attività cinematografica, ha fondato nel 2000, insieme a Nicolas Berthelot, Alexis Constantin e Stéphane Courcy, il collettivo Nominoë con il quale ha prodotto performance che sono state mostrate in luoghi prestigiosi come il Centre Pompidou, la Fondation Serralvès (Porto) o ancora il festival internazionale di Edimburgo (Black Box Live).

Cos’è il cinema sperimentale?

“Innanzitutto cinema sperimentale non significa niente. È solo una locuzione comoda per disegnare un tipo di cinema che non è il cinema “commerciale” o “industriale” con tutti i film molto standardizzati: che raccontano una storia, con attori presenti nel 90% del tempo, che durano un’ora e mezzo circa, che si fanno collettivamente e che sono distribuiti nella rete di sale di cinema tradizionali.

Un teorico francese molto conosciuto negli anni Settanta e Ottanta, Dominique Noguez, ha pubblicato nel 1999 il libro “Eloge du cinéma expérimental“, con la parola sperimentale sbarrata, per dire che questa parola non conviene a nessuno e fa pensare a un’opera non totalmente finita, un test, un lavoro amatoriale.

Da queste premesse, il cinema sperimentale sarebbe

– un vero cinema d’autore. Nel senso che il regista ha il controllo su tutto il film, non come la Nouvelle Vague ad esempio, dove Godard lavorava col produttore George de Beauregard, con l’attrice Ana Karina e con il direttore della fotografia Raoul Coutard. 

– un cinema che si vede in luoghi diversi dalla rete commerciale di sale: musei, gallerie d’arte, luoghi underground, festival di cinema, etc.

– un cinema dove non esistono doveri fuori dall’opera e che è libero da tutte le costrizioni commerciali: lavorare con un attore conosciuto, fare un film della durata adatta per le sale cinematografiche, né troppo lungo né troppo corto, che racconti una storia (come se il cinema fosse capace solo di raccontare storie), eccetera.

Sì, il cinema sperimentale prevede un rapporto e un intervento sul supporto, la pellicola, quella parte analogica, artigianale, pittorica, diversamente dal cinema tradizionale commerciale. Ma è solo una piccola parte del cinema sperimentale. A Light Cone difendiamo molto il cinema analogico ed il cinema “materialista”, però il cinema sperimentale è più vasto e non si può ridurre solo a quell’aspetto.”

Emmanuel Lefrant

PROGRAMMA DELLA RASSEGNA

ASLEEP

di Paulo ABREU 

2012 / Digital file on server / color-b&w / sound / 25 ips / 12′ 20

Asleep è un documentario sperimentale e poetico, girato in Super 8, sul vulcano di Capelinhos situato sull’isola Faia, tra le Azzorre. Mostra anche le immagini delle eruzioni successive del 1957 e del 1958. 

CHINA NOT CHINA

di Richard TUOHY 

2018 / 16mm / color / sound / 24 ips / 14′ 10

Hong Kong ha appena celebrato il ventesimo anniversario della propria retrocessione alla Cina, a metà strada del periodo di transizione previsto di 40 anni “un Paese, due sistemi”. Taiwan, un tempo parte della Cina imperiale, poi di Formosa, oggi sull’orlo della Repubblica Popolare della Cina. Le molteplici sovrapposizioni di scene di strada nel film derformano lo spazio e il luogo, creando un sentimento fluido di impermanenza e di transizione, una transizione tra due stati da qualche parte tra la Cina e la non Cina. 

HAND HELD DAY

di Gary BEYDLER 

1974 / 16mm / color / silent / 24 ips / 6′ 00

Questo film è stato realizzato con l’impiego del “time-lapse”, in un’unica ripresa su una strada dell’Arizona, dall’alba al crepuscolo per 14 ore. Trovandosi di fronte all’ovest, Beydler teneva nella sua mano destra un piccolo specchio, incorniciato dalla camera dal lato est. Un contatore controllava la camera, innescando un’esposizione ogni sei secondi. Ha smesso di girare a causa dell’oscurità.

I DON’T THINK I CAN SEE AN ISLAND

di Christopher BECKS & Emmanuel LEFRANT 

2016 / Digital file on server / color / sound / 25 ips / 4′ 10

Un film di avventure non euclidee e simbolicamente autentiche. 

PARTIES VISIBLE ET INVISIBLE D’UN ENSEMBLE SOUS TENSION

di Emmanuel LEFRANT 

2009 / 16mm / color / sound / 24 ips / 7′ 00

Africa, 2003: meccanismi della memoria e del ricordo.

Ho filmato un paesaggio selvaggio e simultaneamente interrato un nastro di film nel luogo stesso dove questo piano è stato girato; l’emulsione, vittima dell’erosione, è così soggetta a una degradazione biochimica. Il risultato di questo processo naturale di degradazione è così conservato sulla pellicola nel suo stato di dissoluzione. Queste due immagini, e le loro versioni negative, sono di seguito allacciate mediante le tecniche bi-pack e di sovrapposizione. 

Questi paesaggi in fusione, sono la logica di un mondo che si rivela. Un mondo bipolare, dove l’invisibile prende corpo nello stesso momento del visibile, dove l’uno si dissolve nell’altro e viceversa.

LE PAYS DÉVASTÉ

di Emmanuel LEFRANT 

2015 / Digital file on server / color / sound / 24 ips / 11′ 30

– Cosa vedi? – Una distesa poco favorevole all’uomo, Le Pays Dévasté si riferisce all’Antropocene, l’epoca geologica attuale, vista come il periodo a partire dal quale la specie umana è divenuta la forza geofisica dominante davanti a tutte le forze naturali che fino a quel momento avevano prevalso. Le tracce della nostra era urbana, consumerista, chimica e nucleare resteranno migliaia, anzi milioni di anni negli archivi geologici del pianeta e sottoporranno le società umane a delle difficoltà considerevoli.

SET

di Peter MILLER 

2016 / 16mm / color / silent / 24 ips / 10′ 00

Per questo film ho scaricato delle foto di tramonti, le ho aggiustate e inserite ciascuna in un ordine preciso, creando così un tramonto singolare, colossale e collettivo.